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Arlecchino servitore di due padroni - 1962-63

autore: Carlo Goldoni
regia: Giorgio Strehler
scene: Ezio Frigerio
costumi: Ezio Frigerio
musiche: Fiorenzo Carpi
maschere: Amleto Sartori, Donato Sartori
    


Appunti su Arlecchino del 1963 a Villa Litta di Affori (Milano)

Appunti di regia per lo spettacolo Arlecchino servitore di due padroni del 1963 a Villa Litta a Milano. Riscrittura della prima parte del I Atto ad apertura della rappresentazione. Edizione speciale all'aperto dell'allestimento

Arlecchino servitore di due padroni

Nuove battute da inserire nella prima parte del I Atto e ricomposizione delle didascalie in apertura di sipario

     

     

     

ATTO PRIMO

     

(Due grandi carri hanno bloccato le loro ruote sul prato. I cavalli sono stati staccati, portati via. Due scalette di legno ne fanno quasi due piccole case, affrontate a poche decine di metri l’una dall’altra. In mezzo, gli attori che ne sono scesi hanno rizzato il palcoscenico: una pedana pressoché quadrata, delimitata da un lato dalle file degli schermi per le candele – le luci della ribalta – e dal lato opposto da due montanti e una traversa in legno: sulla traversa due riloghe, sulle quali scorrono i fondali che fanno da scena: una calle, un “salotto-in-casa-di-Pantalone”, un interno d’osteria, eccetera. Tra palcoscenico e carri – in un ordine che non esclude frange di disordine – le cose dei comici: quelle che serviranno per lo spettacolo, quelle che serviranno per altri spettacoli: tamburi, elmi di re e drappi di regine per la tragedia, maschere per la commedia, un pollo di cartapesta, un trofeo, un idolo Incas per chissà quale dramma su Cortez… E dietro il palco, due tavoli con tutto il trovarobato necessario alla recita della sera. Più lontano, ai due opposti dell’area delimitata dai carri, due “cartelli” – qualcosa a mezzo tra il tabellone del cantastorie e una Sacra Imagine da processione – raffigurano Arlecchino e Brighella, debolmente illuminati dalla fiamma di due fiaccole, mossa dal vento.    

I comici si aggirano tra carri, palcoscenico e oggetti vari, entrando e uscendo dalla grande casa padronale, o dalla villa, davanti alla quale hanno posto la sede del loro nomade teatro. Il padrone di casa – nobile o ricco mercante che sia – ha gentilmente concesso l’uso di un paio di stanze al pianterreno, dove i comici potranno rifocillarsi con qualche gotto di vino altrettanto gentilmente offerto.    

Il pubblico s’aduna, il sole è tramontato: calano le prime ombre della sera.

Nell’imminenza della recita la scena si anima: ora sentiamo giungere qualche voce di attore. E il suono di un campanello che un servo di scena agita, passando tra i carri e il palco e la roba, e accanto alla villa, come a chiamare a raccolta i comici e ad avvertirli che tra poco “si va su”).    

     

IL DOTTORE Già ora?

IL SERVO DI SCENA Tra diese minuti.

(Il dottore si allontana, scompare dietro un carro, di dove lo si sente provare la voce.)

IL D0TTORE Là là là là laaaaà!    

(Un altro servo di scena principierà ad accendere le candele del proscenio e quelle a fianco del palco. Il suggeritore – velada e tricorno, come tutti – sistema il proprio sgabellino davanti al palco, proprio al centro.)

IL DOTTORE Là là là là laaaaà!    

(Pantalone si avvicina al suggeritore.)

PANTALONE Gh’aveu ripassà la parte col brilante?

IL SUGGERITORE Sior sì.

PANTALONE Andemo, ch’a sentimo.

(Si avviano a fianco della scena, dove si incontrano con il comico interprete di Silvio. Si fermano e provano:)    

SILVIO “Ecco Pantalone. Mi sento tentato di cacciargli la spada nel petto!”…

PANTALONE (rifacendogli il gesto) “…nel petto!”…

SILVIO “…nel petto!”

PANTALONE Più anemo, più anemo! Più cattiveria! Se gh’ha da sentir la spada che la sbusa! Come mi nei “Orassi e Curiassi”!

(La piccola prova continua a soggetto. Escono dalla villa il primo amoroso, la servetta, le maschere; i suonatori indossano le livree splendenti d’ori, provano qualche strumento, una tromba, un tamburo… Smeraldina entra in un carro, ne riesce con una tinozza da cui butta con largo gesto l’acqua nel prato, quasi schizzando i lucidi stivali del primo amoroso.)

FLORINDO (seccato) E vvia!…

(Ma Smeraldina ride e si allontana.)    

(Si risente il campanello del servo di scena. Arlecchino attraversa il prato tra i due carri, le spalle coperte da un corto mantello, quasi un asciugamano. Brighella dà un’occhiata al pubblico.)    

BRIGHELLA Gh’avemo gente, stasera.

IL DOTTORE (ricomparso a fianco di Brighella) Siamo pronti?

BRIGHELLA Pronti, pronti: appena i se senta…

IL DOTTORE Stasera, al terzetto, voglio andare al do basso.

BRIGHELLA (scettico) Rivarghe!

IL DOTTORE Sta attento: “In ve-ri-tà!”

(Canta: mi re sol do. Il risultato è dubbio, Brighella scuote la testa.)

BRIGHELLA Invece di pensare al do basso, sta attento a non mangiarmi la battuta.

IL DOTTORE Ma quala?

BRIGHELLA (esemplificando) Co-co-co. Co-co-co…    

IL DOTTORE Basta non farla troppo lunga, amico mio, e io non mangio battute a nessuno.

BRIGHELLA Non farla troppo lunga?! Ma se la gente non aspetta altro: non la speta altro che mi a fassa…

IL DOTTORE Tutto si può dire di me, ma non che io manchi del senso del pubblico. Io l’ho qui! Qui! Nelle orecchie! In testa!

(Si schiaffeggia nella foga la testa e le orecchie.)    

(Di nuovo il campanello del servo di scena. Ora tutti si animano, si aggiustano i vestiti e i costumi, si legano al volto le maschere. Pantalone si affaccia a chiamare Brighella e Il Dottore.)    

PANTALONE Movive, movive, che andemo!

IL DOTTORE Là-la-là-laaaaà!    

PANTALONE Silenzio, silenzio !…

(Gli attori, divisi in due gruppi, si schierano a fianco del palcoscenico. I tre suonatori sono accanto ad uno dei carri, vestiti di tutto punto delle scintillanti livree, tamburo, tromba e chitarra in posizione. Silenzio assoluto per un attimo, poi la voce di Pantalone capocomico e regista:)    

PANTALONE Via!…

(D’un balzo, i comici sono sul palcoscenico, ne invadono strategicamente ogni zona, si fermano in bella disposizione, il braccio destro levato a salutare il pubblico.)

PANTALONE (dà il ritmo) Uno!, due!, tre! quattro!

(Zan, zan, zan: attacca la piccola banda: inchino degli attori al pubblico, inchino di ciascun attore al proprio antagonista: Arlecchino a Smeraldina, Florindo a Beatrice, Silvio a Clarice…, poi un allegro carosello, con gli attori che si alternano al centro e ai margini della scena prendendosi per mano e volteggiando con piccole grida. Il libero carosello si trasforma in un girotondo, mentre la piccola banda compie la sua sfilata dimostrativa trasferendosi da un lato all’altro del palcoscenico; il girotondo si scioglie man mano che i comici – Pantalone per ultimo – spariscono dietro il fondale attraverso un suo taglio centrale: la comune. La piccola banda – dominante tonica dominante tonica – mette il punto alla introduzione cantata e ballata.)    

(Ai piedi del palco si è preparato un giovane comico: ha in pugno una mazza, con la quale dovrà dare – come d’uso – il segnale d’inizio dello spettacolo vero e proprio: una piccola parte, ma anche questo si può fare bene o si può fare male. Il dottor Lombardi – forse è suo padre? – gli è vicino e lo incoraggia; come per un esame.)

IL DOTTORE Forza, via: attenzione e calma!

(Il giovane è sul palco: trema un poco ma si assesta sulle gambe: sbarra gli occhi, forse intendendo dare la prova della propria sicurezza di sé, poi batte la mazza al suolo: un colpo, due colpi, poi una serie di piccoli colpi, un ultimo colpo più forte, e via! Gli avevano detto di allontanarsi subito, e lui scende come una furia addirittura. Il Dottore non c’è più – si è recato dietro il palco per prepararsi all’uscita – ma due o tre più anziani colleghi sono lì ad accoglierlo con un “Bravo!” di incoraggiamento.)

(Il pubblico fa silenzio: attraverso la comune, attraverso il taglio del fondale che – nella dotazione dei comici – rappresenta la “Camera in casa di Pantalone” entra anzitutto lo stesso Pantalone che tiene per mano Clarice e Silvio, ed entrano al suo fianco il Dottore e Smeraldina, e un poco più dietro Brighella. Anche in questo caso “l’invasione” del palcoscenico tien conto delle leggi della scalcaria: Pantalone, Silvio e Clarice al centro. Il Dottore e Smeraldina negli opposti angoli avanti, Brighella un poco più indietro.)

PANTALONE Via, via, via, no ve vergogné: deghe la man anca vù, cussì saré promessi, e presto presto saré marìo e muggieeeer!    

CLARICE Sì, caro Silvio, eccovi la mia mano. Prometto di essere vostra sposa.    

SILVIO E io prometto essere vostro.    

IL DOTTORE Bravissimi, anche questa è fatta. Ora non si torna più indietro.    

SMERALDINA  (a parte) Oh bella cosa! Propriamente anch’io me ne struggo di voglia!    

PANTALONE Vualtri saré testimoni ecc. ecc.    

     

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